Un flop e un ribaltone in salsa riccionese

Elezioni 2022

Il voto del 12 giugno ha detto chiaramente che l’astensionismo è ormai una consuetudine. A Riccione si consuma uno storica bocciatura 

 

Il 12 giugno si è votato. Se c’era il forte (e facile) sospetto che i referendum sulla giustizia non avrebbero raggiunto il quorum, l’astensionismo che ha caratterizzato la consultazione anche nei Comuni dove si votava il sindaco e il nuovo consiglio comunale, è la riprova di una forte, fortissima disaffezione dell’elettore. Se l’affluenza alle urne per i cinque quesiti è stata del 20,9%, la più bassa nel dopoguerra, per le Amministrative, dove erano chiamati al voto 978 Comuni ci si è fermati al 54,7%. A Riccione la percentuale dei votanti è stata pari a 58,71%, nelle precedenti elezioni il dato era 61,78. A Morciano si è addirittura passati dal 61, 79% delle precedenti elezioni comunali al 43, 71, (7 soli punti percentuali sotto alla metà). Che cosa vorrà esattamente dire, sarà motivo di analisi e non basta, di certo, ricordare la bella giornata di sole che invita al mare. Secondo il politologo Gianfranco Pasquino ci sono tre cause principali dell’astensionismo:

1) la tendenza a partecipare solo alle tornate elettorali ritenute più importanti: generalmente l’affluenza è parecchio più alta alle elezioni politiche che alle amministrative, ancora meno per i referendum abrogativi, su cui questo voto ha messo molto probabilmente una pietra tombale;

2) la forte somiglianza tra proposte e idee dei vari candidati e delle diversi coalizioni, con la conseguenza che la vittoria di uno o dell’altro avrebbe uno scarso impatto sulla vita dei cittadini;

3) la crisi dei partiti, i quali ormai non riescono più a mobilitare gli elettori e portarli alle urne.

 

C’è da riflettere. Partendo innanzitutto dalla considerazione che questo turno delle elezioni amministrative appena conclusosi, restituisce l’immagine plastica di un territorio, il nostro, sempre più sganciato dalle sue istituzioni rappresentative. Per quanto fisiologico e strutturato sia il dato sull’astensionismo, non si può fare a meno di notare che la bassa partecipazione registrata domenica 12 giugno sia in realtà l’ultimo tassello (ultimo fino alla prossima tornata elettorale) di un trend negativo che attraversa ormai tutta l’Italia da anni. A fronte di questa vera e propria malattia della democrazia, desta stupore l’attenzione che viene dedicata al tema dalle forze politiche e dai media, che ne discutono quasi solo nell’imminenza delle consultazioni elettorali. Di astensionismo si parla in genere solo nei pochi giorni prima di un voto e in quelli immediatamente successivi. Ma tra un’elezione e l’altra, quando le istituzioni avrebbero tempo di adottare misure concrete, la questione, come un fiume carsico, si inabissa nuovamente ed esce dalle agende politiche. Personalmente non credo che sia il momento del requiem. Piuttosto a me sembra che sia arrivato il momento di rimettere in piedi la politica, oggi parecchio distratta. E bene intanto ha fatto il Ministro per i rapporti con il Parlamento e in relazione, in particolare, alla delega alle riforme istituzionali mi sono più volte interrogato su cosa potessero fare le istituzioni per rendere quantomeno più agevole per tutti i cittadini la partecipazione elettorale. Per questa ragione, ho deciso di istituire una Commissione di esperti con il compito di analizzare il fenomeno dell’astensionismo e di sottoporre alla valutazione del Parlamento e del Governo proposte concrete per ridurre l’astensionismo. Intanto lo spoglio delle comunali delle città riminesi interessate al voto ha dato alcune risposte. Alcune prevedibili se non addirittura scontate, come la vittoria di Giorgio Ciotti a Morciano o quella di Gianluca Ugolini a Coriano. Mentre, invece, a Riccione si è consumato un ribaltone che, per come è maturato e soprattutto per la perentorietà con cui ha emesso il suo verdetto, ha segnato una svolta che molto probabilmente farà pari con quella che Riccione ha vissuto nel 2014, quando dopo 70 anni di egemonia della sinistra, Renata Tosi arriverò trionfante al governo della città. La vittoria, al primo turno di Daniela Angelini, candidata del centrosinistra “allargato”, non è solo “un passaggio di testimone”, un avvicendamento secondo la regola democratica dell’alternanza. È stata piuttosto una vittoria inaspettata, forse attesa, ma non certamente nelle proporzioni date. Inaspettata ma non inspiegabile. Soprattutto perché, di fatto, a Riccione non si è votato per eleggere il nuovo sindaco, ma piuttosto per giudicare l’operato dei 7 anni del doppio mandato della sindaca Tosi. Di fatto, è stato un vero e proprio giudizio popolare che ha dato un verdetto pesante non solo per Renata Tosi che ha visto disintegrarsi il suo patrimonio politico ed elettorale, ma per tutto il centrodestra che dal voto riccionese esce molto ridimensionato. Da parte sua invece la coalizione di centrosinistra è riuscita a smontare la narrazione di questi sette anni, tanto enfatizzata e resa sempre positiva dal sindaco uscente ed al suo stesso candidato, mettendo in campo una proposta amministrativa per nulla dirompente ma carica di richiami alla coesione sociale, alla partecipazione e alla condivisione, sfruttando in pieno il sentimento che voleva la Tosi e la sua Amministrazione foriera di isolazionismo, arroganza e soprattutto fastidiosa lontananza dai problemi veri della città. Una percezione avvalorata dalla scelta poco lungimirante di enfatizzare il senso della continuità, palesandolo in particolare nella scelta di annettere il nome Renata Tosi nelle liste civiche di riferimento, oltre naturalmente alla sua personale candidatura in Consiglio Comunale, che si voleva fosse letta come un impegno personale di servizio alla città ma che invece ha dato il senso di un tentativo di occupazione della città. Sono stati errori che la città non ha perdonato, nonostante l’offerta della controparte, vincente, non fosse caratterizzata da una grande promessa. Daniela Angelini e il suo staff hanno giocato di rimessa, hanno lasciato che il senso del giudizio popolare sull’operato della Tosi crescesse fino a farne diventare un facile bersaglio. Daniela Angelini con accanto il PD è riuscita dove altri prima di lei non era stati capaci: creare una coalizione aperta a tutte le forze del centrosinistra, al Movimento 5 Stelle e cooptare anche larghe fasce di moderati, una volta stenui sostenitori della Tosi. È riuscita a tenere insieme chi insieme ha fatto sempre fatica a starci. E ha vinto. Altra cosa sarà governare. Ma questa sarà tutta un’altra storia.

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