Quanto è successo a Bologna fra la Direttrice dell’Assessorato alla Salute e il suo Assessore non è cosa facile da “spiegare” ai cittadini distratti da mille incombenze e poco abituati a navigare nei meandri delle mega strutture istituzionali come la sanità regionale. In realtà si tratta di una cosa gravissima, passata quasi inosservata o messa dai media in secondo piano quando in realtà si tratta di un fatto da analizzare attentamente, anche senza dare giudizi di merito.
Che un Assessore smentisca il suo tecnico ed emani una direttiva che annulla quella del Direttore, di fatto assumendone il ruolo, è comunque lo si voglia osservare, un fatto su cui ragionare.
La nostra redazione si pone qualche domanda.
Può l’Assessore alla sanità cacciare il Direttore Tecnico del proprio Assessorato perché questi non esegue i suoi ordini? Certo che può, può farlo perché compete alla politica ― in quanto azionista della Sanità in rappresentanza dei cittadini ― il compito di compiere le scelte strategiche di sanità pubblica. Ma se si tratta di scelte tecniche di Sanità pubblica in cui una intera cabina di regia di tecnici traccia le linee idonee da seguire per il bene collettivo, vale lo stesso principio?
E’ quello che è accaduto presso l’Assessorato alla sanità della regione Emilia-Romagna dove la Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare, supportata da una cabina tecnica di regia è andata in rotta di collisione con le scelte dell’Assessorato che tenevano conto anche di istanze più politiche provenienti dal mondo del sindacato.
Quando le posizioni non sono più conciliabili lo strappo è davvero inevitabile? I modi contano? E il corto circuito lessicale di isteria, allorché il conflitto coinvolge un esponente di sesso femminile, è inevitabile?
Nei fatti la vicenda è stata vissuta da entrambi sulla base delle connotazioni specifiche del proprio ruolo e mandato: l’Assessore, concertandosi con i sindacati di maggioranza, aggiusta le direttive sulla base delle proposte degli stakeholder; il Tecnico confrontandosi con la cabina di regia fa le proprie scelte in consonanza con i principi di buona tecnica.
Entrambi ― Assessore e Tecnico ― hanno fatto un passo in più; ma non per marcare un punto d’incontro bensì per acclamare lo scontro fra due persone che hanno diversità di vedute. E’ successo dunque che i due non possono più collaborare, soprattutto in situazioni in cui le emergenze e i fatti non usuali richiedono di uscire dalle vie comuni per affrontare strade non battute in cui solo il buon senso e la collaborazione fra diverse professionalità può determinare il successo dell’azione da intraprendere.
Ora, è il cittadino l’azionista della propria sanità. Egli, eleggendo il suo Presidente di Regione, gli dà mandato e fiducia nello scegliere il proprio Assessore alla Sanità. Costui cercherà di scegliere i migliori Direttori Generali disponibili sulla piazza, per curriculum, esperienza e anche per condivisione delle strategie da attuare. A loro volta i Direttori Generali sceglieranno i migliori tecnici per attuare le politiche sanitarie a favore dei cittadini, con un passaggio graduale da competenze politiche a competenze tecniche.
Il corredo delle competenze tecniche comprende capacità organizzative e medico-scientifiche, queste ultime basate sulla evidence based medicine o sulla medicina individualizzata. Ma è chiaro che le scelte tecniche in sanità hanno importanti ricadute socio-economiche, essendo la salute un bene centrale che impatta sull’economia e sulla vitalità dei territori. E’ possibile allora che scelte tecniche basate sull’evidenza vadano in contrapposizione con le scelte politiche.
Viviamo una fase in cui alla politica, specie quella sanitaria, è richiesta consapevolezza e organizzazione. Il welfare è sempre meno sostenibile; allo stato attuale abbiamo due pensionati ogni tre persone che lavorano, e nel 2045 il rapporto sarà di uno a uno, con ricadute pesanti su tutto il nostro sistema sanitario. Veniamo dalla quarta ondata pandemica che ha colpito duramente l’economia, l’equilibrio psicofisico delle persone e ha messo in forte tensione i clinici.
L’emergenza economica, seguita da quella sociale, insieme a quella finanziaria, ci hanno reso più vulnerabili. Non abbiamo mai avuto un debito pubblico così forte, neanche durante la seconda guerra mondiale in cui si chiedeva oro per la Patria.
Dobbiamo assolutamente continuare a rafforzare il Sistema Sanitario Nazionale nei suoi tre pilastri fondamentali di ospedale e assistenza primaria; ma e soprattutto con i Dipartimenti di prevenzione che erano stati depauperati già prima dell’avvento del Covid. Non abbiamo sufficienti terapie sub-intensive; e le terapie intensive, pur essendo aumentate in risposta alla pandemia, sono decisamente inferiori rispetto a quelle tedesche, solo per fare una comparazione.
Si aprono quindi importanti sfide future, oltre che cliniche, sociali, finanziarie e politiche. Le divisioni istituzionali e un certo analfabetismo rispetto alle funzioni del pubblico possono creare ulteriori insicurezze nel mondo della Sanità in una fase in cui abbiamo invece bisogno di competenze, stabilità, innovazione.
Qui non si tratta di capire chi ha avuto ragione e chi torto. Occorre semplicemente non dimenticare mai che le organizzazioni sono fatte da persone e che non esiste “modello organizzativo” che possa supplire e prescindere dalle stesse. Altrimenti basterebbe affidare la scelta di chi mettere a capo delle Istituzioni a un algoritmo e procedere con chicchessia. Invece, le persone contano eccome. Per fortuna.