Cari colleghi consiglieri, tanto tuonò che piovve. Mentre siamo qui riuniti a dibattere i nostri piccoli problemi le notizie dopo che Putin ha dichiarato guerra all’Ucraina si succedono con crescente drammaticità. Dalle prime reazioni mi sembra di percepire come una specie di esaltazione collettiva, un orgasmo psicologico come quando giocando a Risiko si vedono i carriarmatini accumulati lungo le frontiere che sferrano l’attacco con la calcolata speranza che i dadi facciano la loro parte per premiare o punire l’aggressore.
Il guaio è che non stiamo giocando a Risiko e tutto è terribilmente reale, a partire dalla “voglia di guerra” che si annusa in giro. La Pax Americana di oltre mezzo secolo è come venuta a noia, anzi ha impoverito molti e arricchito pochi, ha fatto più vittime della guerra guerreggiata. Di fronte a queste migliaia di carri armati che avanzano nel fango, sappiamo dove sono andati a finire i soldi della Pace: un solo carro costa quasi 4 milioni di dollari, moltiplica per le oltre 12 mila unità di cui dispone Putin e non sai neppure scrivere la cifra che viene fuori. A questi aggiungi i 4.000 aerei, i 300 missili a testata nucleare, le 1.200 testate strategiche, le 600 navi e tira le somme.
Fai lo stesso esercizio di economia spicciola con le forze NATO e con quelle dei singoli Paesi europei e scoprirai cosa sono le vertigini. Ma non basta: queste “macchine belliche”, come ai tempi del De re militari del Valturio, richiedono “materiale umano” e “uomini “sul campo”: un milione e 350 mila persone per la Russia, un milione e 800 mila per gli Stati Uniti. Venti volte gli abitanti di Rimini. Nemmeno le sterminate steppe russe basterebbero a veder schierati i due eserciti, come nell’affresco di Leonardo La battaglia di Anghiari.
E poi diciamo che è impossibile sfamare i poveri del mondo. Questo nostro Consiglio Comunale si sente impotente e quasi ridicolo di fronte al dramma della guerra. Ci piacerebbe intervistare una ad una le molte centinaia di ucraine che vivono nel nostro territorio come badanti dei nostri anziani: vorremmo conoscere le loro storie, mettere sulla mappa geografica le bandierine delle loro diverse provenienze. Vorremmo fare lo stesso con la comunità russa ortodossa.
Ci piacerebbe organizzare una grande “Cena della Pace” con le due comunità sedute allo stesso tavolo, piccolo segno concreto per i potenti dei rispettivi paesi. Temo dovremo accontentarci di fare tutto il possibile per tenere desta l’attenzione e la coscienza dei nostri concittadini su questo dramma che da oggi leggeremo sul volto della badante che spinge la carrozzina della nostra nonna nel parco, russa o ucraina che sia. Speriamo di riuscire a farle percepire che, come il Papa, facciamo nostra la sua angoscia.