Il leitmotiv del dibattito politico degli ultimi tempi è la “mancanza di medici” : la loro “fuga” verso altri paesi europei, la “concorrenza” delle strutture sanitarie private, la mancanza di “vocazioni” verso le specializzazioni di emergenza/urgenza come il Pronto Soccorso.
Le direzioni delle Aziende sanitarie si affannano nel reperire attività aggiuntive per coprire i turni nei Pronto Soccorso e per il recupero delle prestazioni perse durante la pandemia. Tutto questo si riversa come un perverso circolo vizioso sulla pressione del sistema sui medici.
I sindacati chiedono alle Regioni più assunzioni in Sanità ma pare che i fondi siano andati esauriti nel corso della pandemia; e poi il numero dei medici è comunque scarso. A questo stato di cose vanno aggiunti gli errori di programmazione della formazione universitaria, acuiti in questi ultimi tempi dall’uscita in massa di un notevole numero di medici per raggiunta anzianità di servizio: erano entrati in massa – e contemporaneamente – nei primi anni ’80, a seguito della Riforma sanitaria che dimezzava il tetto degli assistiti per singolo medico di famiglia e strutturava i servizi territoriali e di prevenzione.
In molti avevano previsto il determinarsi dell’attuale situazione ma, si sa, noi italiani siamo scaramantici e piuttosto che “fasciarci la testa” prima, preferiamo “sbatterla” dopo; così adesso assistiamo all’uscita contemporanea di un grandissimo numero di medici senza aver programmato l’incremento formativo 10 anni fa’ (tempo minimo necessario alla formazione di un medico).
Ma tutto ciò non esaurisce l’analisi del problema. Questo quadro non è specifico solo dell’assetto nazionale è invece un problema che coinvolge anche gli altri paesi europei.
Da un sondaggio condotto dall’ANAAO ASSOMED* (sindacato medici ospedalieri) su 13.461 medici (7.447 donne e 6.014 uomini) in 12 paesi, risulta che “ La crisi professionale contagia anche i medici europei.- Anche oltralpe il medico è un professionista stanco per un carico di lavoro eccessivo, per una professione svilita nel suo ruolo sociale, per la mancanza di crescita e soddisfazione professionale e di una via di fuga intesa come cambiamento di luogo di lavoro, per una retribuzione economica insoddisfacente rispetto all’impegno e alla fatica vissuti giornalmente. (*)
I carichi eccessivi di lavoro sono bensì correlati alla penuria di medici, almeno in Italia, ma sono anche determinati dalla complessità amministrativa del lavoro del medico che man mano i nuovi processi di presa in cura hanno determinato.
Da tempo il sistema organizzativo sta impegnando il medico in tante, troppe attività burocratiche che fanno ovviamente parte del ruolo di presa in cura del paziente, ma che non sono necessariamente eseguibili direttamente dal sanitario. In tutti i setting di cura, dall’ambulatorio del Medico di famiglia ai reparti ospedalieri , agli ambulatori territoriali, il medico segnala un malessere crescente relativo all’aumento della propria attività “burocratica” a discapito di quella strettamente di diagnosi e cura.
E’ chiaro che il ruolo di responsabilità del caso richiede al medico la complessiva elaborazione della propria attività e delle relative interfacce ma, queste funzioni potrebbero essere effettuate in nuove forme di collaborazione con altri profili professionali. Solo qualche esempio: la preparazione delle prescrizioni e l’organizzazione degli ulteriori accertamenti, la preparazione delle comunicazioni fra i servizi ed altri enti, ecc. E’ evidente che in ogni specifico setting di cura si potranno individuare le sinergie possibili fra i professionisti sanitari è quelli “amministrativi” per la specifica attività considerata.
Se riconosciamo il lavoro d’equipe nella presa in cura del paziente o il principio di affidamento perfino in sala operatoria, non potremmo pensare ad uno sgravio dell’attività sanitaria ipotizzando l’ausilio di figure amministrative di reparto o dei setting ambulatoriali, espressamente formati ad hoc, la cui attività andrebbe ovviamente coordinata e validata dal sanitario responsabile?
Oggi c’è una notevole offerta di laureati in varie specialità: dalla comunicazione alle scienze della formazione, fino alle scienze sociali e statistico-demografiche ecc. che già oggi hanno accesso nell’ambito dell’organizzazione dei servizi sanitari. Analogamente potrebbero egregiamente aiutare sia i medici che gli infermieri ed in generale i professionisti della sanità nei percorsi di diagnosi e cura per i vasi setting di presa in cura del paziente.
Se non abbiamo medici alleggeriamone l’attività: Aiutiamoli facilitandone il lavoro.
C’è molta demagogia nelle sfere organizzative al riguardo mentre c’è l’attitudine a trovare soluzioni immediate che ricadono sempre sui medici, in quanto responsabili dell’attività verso il paziente.
Uno fra i tanti esempi della poca attenzione verso i carichi di lavoro del medico è la circolare n° 2 della Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare della regione E.R. sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale in telemedicina che, secondo le intenzioni dell’Assessorato, dovrebbe adiuvare il sistema a smaltire le liste d’attesa per le prestazioni specialistiche che, oltre ad innumerevoli attività attribuite ai medici per lo scopo, recita:
Si precisa che l’informativa, la verifica che il paziente sia fornito dei necessari strumenti tecnologici per collegarsi in remoto e la registrazione del consenso, sono a carico sia del medico prescrittore che dello specialista erogatore. Parla di medico non di struttura; “Ma facciamo davvero?”
Credo ormai che sia indispensabile usare un po’ di buonsenso verso una professione che, se fatta a dovere, ha un altissimo valore aggiunto per il cittadino e per l’intera società.
Molti errori sono stati effettuati in passato, cerchiamo ora di ripararli sia con azioni di lungo respiro nella programmazione d’equipe dei servizi e del giusto fabbisogno per la formazione, sia con azioni nell’immediato per aiutare i professionisti ad affrontare gli eccessivi carichi di lavoro attuali. Ma soprattutto coinvolgiamo i professionisti nelle scelte .
Pensiamo davvero di poter trattare il corpo professionale dei medici come fossero i *dipendenti” tout court di una qualsiasi azienda produttiva?
Ricordiamoci che nel rapporto di cura non è importante solo ciò che si dice ma anche come, e qui sta la differenza, è qui che abbiamo bisogno del medico disponibile ed empatico. Queste due caratteristiche sono parte essenziali della cura.
* Indagine ANAAO-FEMS, Maggio 2022
“L’organizzazione del lavoro scontenta quasi tutti (75%); così come la flessibilità lavorativa (75%). … su aggiornamento e formazione l’insoddisfazione è al 58%, così come sulla qualità delle strutture sanitarie (58%). Tiepidi anche i rapporti con la dirigenza, il 50% del campione esprime insoddisfazione. Ottimo invece infine il rapporto con i pazienti (83% di soddisfazione) e il livello di dotazioni tecnologiche (58%).
Il giudizio sulla qualità dei servizi nella struttura dove si lavora non è positivo. Per il 58% dei medici la qualità è peggiorata (Croazia, Germania, Portogallo, Italia, Francia e Spagna).
Tra le principali cause del peggioramento, laddove è riscontrato, la risposta più frequente (83%) è dovuta ai carichi eccessivi di lavoro per mancanza di personale (a denunciarlo sono principalmente le donne); quindi scarsi investimenti nelle strutture 41%; sempre al 41% la dirigenza influenzata dalla politica e infine le retribuzioni inadeguate 33%. Il tema dei carichi di lavoro è un tema che ricorre frequentemente nella indagine, affermandosi come elemento necessario di iniziative sindacali”.